martedì 28 febbraio 2012

作戦開始! L'inizio non è mai facile, diciamocelo.

Salve a tutti, mi chiamo Luca e con questo blog ho intenzione di illustrarvi la grammatica e altro di una lingua che tanto amo e che mi auguro piaccia anche a voi, il giapponese.
L'intenzione è quella di creare piccoli video in cui spiegherò le componenti principali e poi spiegare il tutto in maniera più tecnica qui.

Intanto
Ecco, intanto c'è un numero di cose da tenere a mente. Sono dell'opinione che avere una conoscenza abbastanza solida della grammatica - comincerei dall'italiana [...] - sia di enorme importanza nella vita in generale come e soprattutto quando ci si approccia a una lingua straniera, specie se molto diversa dalla nostra. Questo è per evitare di alzare un sopracciglio quando si dice Genitivo o arricciare il naso quando si parla di un qualche complemento. Nulla è davvero insormontabile, obiettivamente, ma essere equipaggiati di certe conoscenze prima rende il tutto esponenzialmente più semplice.
Inoltre, è bene notare che non mi fermerò granché sui due kana - ci arriveremo a breve, per chi non sa cosa siano - perché credo che senza particolari istruzioni imparare a scriverli è solo questione di pratica... e non posso aiutarvi lì, no? Dovessero poi esserci cambi di piani, sarò felice di tornare sui miei passi.

I primi tanti cenni
Ora, molti di voi, che sia per anime o manga o quello che sia, sono già venuti in contatto con questa lingua, altri invece si sono fermati magari a sushi, sashimi, samurai e geisha. Ecco, diamo una forma, almeno parziale, a questa lingua tanto lontana dalla nostra.

Il giapponese è una lingua agglutinante: questo significa che per esprimere diverse funzioni a livello grammaticale fa uso dell'aggiunta di particolari "suffissi".
In italiano succede qualcosa di simile, ma in maniera assai meno estensiva.

Facciamo un esempio che renda il discorso più umano:
Laddove in italiano abbiamo parole come Mangiavo, in cui troviamo:
mang - radice del verbo, dà il significato
iav - indica il tempo e il modo, imperfetto indicativo
o - desidenza personale, significa Io

In giapponese abbiamo parole come 見せられた [miserareta] in cui abbiamo:
見せ [mise] radice del verbo "mostrare"
られ [-rare-] suffisso che esprime la forma (o diatesi, come preferite) passiva
た [-ta] suffiso del passato
In poche parole, 見せられた [miserareta] significa "[mi] è stato mostrato".
Ora non concentriamoci sul fatto che in italiano ho messo "mi", risulterà quasi ovvio una volta presa confidenza con la lingua.

Poi, udite udite, il giapponese manca di alcune delle caratteristiche tipiche della nostra lingua, cioè il genere, il numero, gli articoli - definiti o indefiniti che siano - i verbi non si coniugano in base al pronome e non esiste, almeno tecnicamente parlando, il futuro. Non esiste il modo Infinito e gli aggetti si comportano in buona parte come verbi.
Probabilmente vi starete chiedendo "E come si capiscono?". Ecco, il punto è che per alcune cose si ovvia in qualche modo - vedi la mancanza del futuro - mentre per altre - vedi genere o numero - ci si rende presto conto di quanto stranamente inutili siano. Il dubbio nasce dal fatto che le lingue occidentali in genere hanno queste componenti per lo più arbitrarie. Ad esempio "Latte" è maschile qui e in Francia, ma non in Spagna. I fiori idem. "Bambino" è neutro in tedesco e olandese. Il motivo? Mah, non c'è mai davvero stato un motivo, e tutto questo in giapponese non ha alcuna rilevanza. E non solo, vi capiterà assai più spesso in italiano d'esser confusi dai pronomi che non in giapponese dalla mancanza degli stessi. Ma questo ora non importa, lo vedrete dopo.

Il giapponese è una lingua sillabica: questo significa che fatta eccezione per la N [ん/ン] e per le vocali - formalmente le stesse della nostra lingua - che possono trovarsi anche sole, non possiamo trovare consonanti insieme. Cosa significa? Significa che file di consonanti come SPR o NCR o anche solo TR sono del tutto impossibili. Si devono sempre trovare accompagnate da una delle 5 vocali. Più avanti spiegherò come, all'occorrenza, si ovvia a quesa mancanza.


Ora si va un attimo più sul tecnico.
L'italiano è una lingua SVO, significa che la struttura della frase, in genere, ha come ordine Soggetto-Verbo-Oggetto. Il giapponese, invece, è SOV.
L'ordine generale della frase vede il tema del discorso al primo posto - che non è necessariamente il soggetto, badate bene, ma anche questo verrà spiegato più avanti - i diversi complementi nel mezzo, con alcune posizioni fisse per avverbi o numerali, complemento oggetto e infine il verbo.
È vero comunque che non è sempre così semplice, e spesso ci sono delle aggiunte, ma la struttura non cambia.
La frase più famosa dei libri di grammatica italiani, Marco mangia la mela, in giapponese si direbbe:

マルコさんは                   りんごを        食べる
MARUKO-san wa          ringo o           taberu

Dove abbiamo Marco, il nostro tema e soggetto della frase, la mela - che sì, si dice proprio ringo! - e taberu, il verbo mangiare. La funzione di quelle particelle che vedete lì, cioè WA e O, saranno oggetto di una lunga e più chiara spiegazione più avanti.

Un'ultima cosa importante che c'è da sapere, è che il giapponese distingue 3 diversi modi di parlare, o meglio, registri. In base al vostro libro di testo o insegnante possono cambiare nome, ma qui li chiameremo così:
Forma Piana o del dizionario: utilizzata a livello informale, tra amici e un po' in tutto quello che non è ufficiale.
Forma Gentile o Desu/Masu: utilizzata a livello più formale, con sconosciuti, e in genere in tutte quelle situazioni in cui non si è certi se poter essere colloquiali con qualcuno.
Registro Formale o Keigo (lingua di rispetto) o Onorifico: utilizzato a livello molto formale, quando si parla con e di persone di grande rilevanza, capi, presidenti e simili - e per estensione principi e nobili.

Il Keigo (敬語) è complicato, è composto da un lessico particolare e variazioni nella coniugazione dei verbi e verbi unici da usare solo in certi casi. Spesso è l'ultima cosa che si impara e ci sono casi in cui i giapponesi stessi non sanno parlarlo bene - anche perché non capita spesso di parlarlo, obiettivamente.
Sarete però felici di sapere che la forma gentile si crea apportando piccole modifiche alla forma piana, e in effetti, una volta che si capisce quest'ultime, il resto viene da sé!

È bene sapere che il giapponese, come altre lingue asiatiche, tiene molto all'economia linguistica, ossia all'esprimere al meglio un concetto col minimo sforzo - c'è chi dice - articolatorio. In altre parole, laddove un concetto è del tutto deducibile dal contesto, il giapponese omette. Per questo come e più dell'italiano troveremo frasi senza soggetto o frasi causali - far fare qualcosa a qualcuno - senza il chi in questione, o frasi italiane come "Dimmelo" senza "a me" e senza "lo". Sembra confuso? Tutt'altro, vedrete col tempo che è quanto di più naturale ci sia!

Direi che come inizio questo è tanto, ma come sempre è con questa lingua il vero grande scoglio è l'inizio! Maniche ben rimboccate, e alla prossima!