giovedì 15 marzo 2012

Un saluto ~ 挨拶

Finalmente passiamo a un argomento più semplice! Gli 挨拶 aisatsu, i saluti.
Il giapponese è una lingua tendenzialmente formale, sicuramente molto più formale dell'italiano. Questo non necessariamente, ma possiamo affermare con certezza che è una lingua che ci permette di spaziare molto tra i vari registri a nostro piacimento - un esempio opposto è l'inglese, che invece ha un range molto ristretto.
Già dai saluti, ad esempio, possiamo notare la cura con cui i giapponese possono (come anche no) mostrare rispetto.


Vediamo allora i saluti generali:
お早う 御座います (おはよう ございます)ohayou gozaimasu buongiorno. È il primo saluto del mattino, si usa solo nella primissima parte della giornata. Già alle 10-11 si passa al successivo e più generico こんにちは konnichiwa.
今日は (こんにちは) konnichiwa buongiorno. Si usa dalla mattina fino alla sera. Probabilmente il saluto più conosciuto, spesso fatto passare per "ciao" in italiano. La verità è che ciao non esiste. Mancando di un saluto universale, konnichiwa è quello che meglio può tradurre il nostro ciao.
今晩は (こんばんは)konbanwa buonasera. Si usa circa dal tardo pomeriggio/cena in poi.
お休みなさい(おやすみなさい)oyasuminasai buonanotte, lett. riposa (spesso solo oyasumi).
*questi saluti vengono scritti quasi sempre solo in hiragana

Spesso si usano abbreviazioni di vario genere, quindi non sorprendetevi se qualcuno saluta con 'chiwa o altro.
Tra amici è usato spesso anche un semplice よ!yo!  "Ehi" in giapponese si dice おい! oi!


Quando ci si congeda invece si usano diverse opzioni.
 さようなら sayounara ciao/arrivederci è leggermente formale, può essere usato in qualsiasi situazione. Per renderlo più leggero si toglie l'allungamento della o e si pronuncia semplicemente sayonara, la norma tra giovani e amici.

それでは、私は失礼します sore de wa, watashi wa shitsurei shimasu.
La frase significa qualcosa come "con questo, mi congedo".
La parola 失礼 shitsurei significa letteralmente scortesia, ma è inglobata in molte formule di cortesia, e può significare quindi congedarsi/andar via/scusarsi (da 失 perdere 礼 ringraziamenti, ossequi).
Questo saluto detto così è un po' troppo formale, e tra amici è abbastanza impensabile, quindi si taglia un po'.
それでは sore de wa è già più usato, ma ancora di più では de wa.
Ora, in alcune posizioni le sillabe te wa e de wa si fondono creando rispettivamente cha e ja, solo per questioni di pronuncia, è più veloce. Quindi si ha それじゃ sore ja e l'ancor più sintentico じゃ ja.
In poche parole, tra amici spesso e più che volentieri si dice semplicemente ja.

Capita di sentire spesso anche バイバイ baibai bye bye, sicuramente più informale.
Ci sono poi alcune varianti proprio come in italiano, come:
また明日 mata ashita a domani
また今度 mata kondo alla prossima (in generale basta dire mata + quando vuoi)
(お)元気で (o)genki de prenditi cura di te, stammi bene (la prima o non è obbligatoria)


Per ringraziare qualcuno, come molti di voi già sapranno, si dice:
有難う御座います(ありがとう ございます) arigatou gozaimasu grazie. Questa è la frase completa, ma se non c'è bisogno d'essere formali il gozaimasu cade, e spesso anche il primo allungamento vocalico, lasciandoci col più semplice arigato.
Per essere invece particolarmente ossequiosi si può aggiungere どうも doumo all'inzio.
La risposta da dizionario è どういたすまして dou itashimashite, ma ad oggi lo si usa solo in contesti formali, ed è stato sostituito dal più semplice e universale いいえ iie no. Se il primo corrisponde un po' al nostro prego, il secondo assomiglia di più a "non c'è bisogno di ringraziarmi".
*tutti questi vengono scritti quasi sempre in hiragana

Per dire prego - come in "prego, faccia pure" - si dice どうぞ douzo, a cui si può rispondere どうも doumo e non arigatou.

Quando si inizia un pasto si dice sempre una formula fissa:
頂きます(いただきます)itadakimasu non traducibile, letteralmente "ricevo" (itadaku è la forma onirifica del verbo ricevere - viene inoltre spesso utilizzato nel senso di prendere qualcosa che vuoi molto e che gli altri non vogliono darti - un ladro, un rapitore ecc).
Quando si finisce il pasto si dice:
ご馳走様でした (ごちそうさま でした)gochisousama deshita non traducibile, pura formula di cortesia. Oggi si usa per estensione anche come verbo gochisou suru nel senso di "offrirsi di cucinare per qualcuno".
Anche se ormai in disuso, chi ha preparato il pasto può rispondere:
お粗末様でした (おそまつさま でした)osomatsusama deshita non traducibile.
*tutti questi vengono scritti quasi esclusivamente solo in hiragana

Quando si va via da un posto in cui di norma si deve rientrare - casa propria, casa in vacanza ecc... - si dice:
行って来ます (いってきます)itte kimasu torno (la costruzione implica che si torna dopo essere andati da qualche parte prima).
e chi resta in casa deve dirvi:
行ってらっしゃい itte rasshai torna (rasshai qui è la forma onorifica del verbo venire... in poche parole è la stessa identica cosa di itte kimasu, solo di registro più alto e inteso come imperativo).

Stesso scenario, quando si rientra si dice:
只今戻りました (ただいま もどりました) tada ima modorimashita proprio adesso sono tornato (in realtà questa versione si usa solo in casi formali, altrimenti basta dire tada ima)
E chi è già in casa deve accogliervi con:
お帰りなさい (おかえりなさい) okaerinasai ben tornato, lett. torna a casa (spesso abbreviato okaeri)
*tada ima viene scritto quasi esclusivamente in hiragana, okaeri invece dipende

Per chiedere scusa, si deve dire 御免なさい (ごめんなさい)gomen nasai, a volte semplicemente gomen.
Da non confondere con 済みません (すみません)sumimasen mi scusi - anche per attirare l'attenzione.
*entrambi quasi esclusivamente in hiragana

Quando ci si incontra per la prima volta è quasi d'obbligo dire 初めまして hajimemashite che corrisponde un po' al nostro "piacere di conoscerti".

Per dire "per favore" si usa spesso お願いします onegai shimasu, meno formale senza shimasu.
La formula よろしく yoroshiku (forma avverbiale dell'aggettivo 宜しい yoroshii bene/buono, leggermente formale) è ampiamente utilizzata in diversi contesti. Si usa sempre alla fine di una presentazione - come una sorta di auspicio di andare d'accordo - e la forma di cortesia よろしくお願いします yoroshiku onegai shimasu va imparata un po' con l'uso e l'orecchio perché purtroppo non c'è nulla di traducibile al 100% nella nostra lingua.

Come extra aggiungerei お気の毒に oki no doku ni che si usa in risposta a una serie di situazioni spiacevoli. Può assomigliare a un forte e sentito "che peccato", o "che pena", per esprimere una forma di condoglianza. A volte viene anche utilizzato come aggettivo.
お気の毒な事をしてしまった oki no doku na koto o shite shimatta ho fatto una cosa terribile/spiacevole/da rimpiangere.

"Che peccato" si dice in due modi, in base alla sfumatura. In genere si può dire 残念 zannen, che può essere ironico come letterale. Si può usare sia da solo sia in frasi complesse - come "È un peccato/mi dispiace, ma...".
Altrimenti si dice 生憎(あいにく)ainiku, usato in maniera più spesso ironica in frasi complesse.
Se usato come お生憎(様) おあいにくさま oainiku(sama), dove sama è opzionale, è del tutto ironico, un po' come per dire "peggio per te".

Per ora basta così, questi saluti (e qualche formula di cortesia) vi permetteranno sicuramente di sopravvivere un po' ai primi passi col giapponese!

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