lunedì 19 marzo 2012

La frase semplice. Molto semplice.

Dopo tanto (taaaanto, me ne rendo conto) parlare di mille e mille scogli da superare prima di poter metter mano alla lingua, è forse arrivato il momento di cominciare a pronunciarci un po'.

Allora, con oggi cominciamo la frase semplice.
Come abbiamo avuto modo di accennare, il giapponese è una lingua che utilizza la struttura SOV, cioè Soggetto-Oggetto-Verbo.
Premettiamo che questa lezione presenterà i verbi sempre alla forma piana. Alla forma gentile ci arriveremo. Inoltre metterò degli spazi per aiutarvi a comprendere le parti della frase - separazione che tuttavia non si usa.
Il giapponese compone le sue frasi unendo le parole a delle particelle che ne identificano la funziona grammaticale; queste sono di fatto posposizioni, cioè particelle che si posizionano dopo la parola a cui si riferiscono.

In questo post parleremo delle particelle di base, はwa, e をo.
I più veloci avranno notato che si scrivono diversamente da come si pronunciano, ed è proprio così:
は (ha), quando e solo quando particella si legge wa.
を (wo) si legge wo solo quando si parla molto lentamente o nelle canzoni, altrimenti è o.

は wa è la particella che identifia il tema del discorso, che spesso ma non necessariamente coincide col soggetto della frase.

Proviamo a fare degli esempi:

私は イタリア人だ
watashi wa ITARIAjin da
Io sono italiano

貴方は 学生だ
anata wa gakusei da
Tu sei uno studente

今日は 寒い
kyou wa samui
Oggi fa freddo

Come vedete, qui è molto semplice. Stabilito che quel だ da alla fine della frase corrisponde alla copula italiana essere - voglio dire che non è esattamente il nostro verbo essere - vediamo come wa marca le parole watashi io e anata tu come tema e soggetto della frase.
Nell'ultimo caso invece vediamo che l'argomento principale è 今日kyou oggi ma non è il soggetto della frase - è impersonale.

を o anche è una particella molto semplice, anzi, probabilmente la più semplice: indica solo il complemento oggetto. Per i più smemorati significa che marca l'oggetto di una frase in diatesi attiva di un verbo transitivo, cioè la parola che risponde alla domanda chi/che cosa.

りんごを 食べる
ringo o taberu
Mangio una mela

手紙を 書く
tegami o kaku
Scrivo una lettera

Qui vediamo chiaramente la sua funzione. Le parole りんご ringo mela e 手紙 tegami lettera vengono marcate con la particella o per indicare il loro ruolo nella frase.
Non solo, tutti i verbi di movimento sono transitivi in giapponese:

あのハトは 空を飛ぶ
ano HATO wa sora o tobu
Quel piccione vola nel cielo

私は 道を歩く
watashi wa michi o aruku
Cammino per strada

Notate come 空 sora cielo e 道 michi strada sono marcati dalla particella o laddove in italiano vorrebbero una preposizione.
Inoltre il giapponese non necessita degli elementi deducibili dal contesto. In questo caso la frase può avere numerose interpretazioni - proprio perché non c'è contesto - ma possiamo dire che spesso quando il soggetto non c'è si sottintende uno degli interlocutori, in genere io.

E per ora questo è quanto.

Utilizzando una piccola lista di parole possiamo già provare a comporre delle frasi:
 学生 gakusei studente
会社員 kaishain impiegato
秘書 hisho segretario/a
弁護士 bengoshi avvocato (difensore)
看護婦 kangofu/ナース NAASU infermiera
先生 sensei dottore (usato da solo)

kuruma macchina (automobile)
アイスクリーム AISUKURIIMU ice cream (spesso abbreviato アイス AISU)
お茶 ocha
コーヒー KOOHII caffè
mise negozio
店員 ten'in negoziante/commesso
お菓子 okashi dolci
fuku vestiti (洋服 youfuku significa esplicitamente solo i vestiti all'occidentale)

音楽 ongaku musica
眼鏡 megane occhiali (sempre più spesso scritto in katakana)
kutsu scarpe

食べる taberu mangiare
飲む nomu bere
聞く kiku sentire/chiedere
運転する untensuru condurre (guidare)
奢る ogoru offrire  (sempre scritto in hiragana, comunque)
着る kiru indossare
歩く aruku camminare
走る hashiru correre


C'è giusto un verbo che è il caso di imparare sempre, visto l'ampio uso (e abuso!) da parte dei giapponesi. 頑張る ganbaru, scritto in diversi modi. Non si può tradurre letteralmente in realtà, ma significa un numero di cose tra cui dare il proprio meglio, tenere duro, impegnarsi al massimo e quant'altro. È una sorta di augurio o di empatia da parte dell'interlocutore.
Direi che basta così, dopo tutto, questo è un verbo che incontrerete milioni di volte!

Provate! Fatemi sapere!

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